Guest Post:Il principe Vascellari - da Neometro
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Il Guest Post di oggi è un'intervista a Nico Vascellari, realizzata da Alessandro Zangrando e pubblicata su Neometro e sul Corriere del Veneto.
Vascellari, nel mondo dell’arte contemporanea, è considerato il migliore artista italiano della giovane generazione. Per intenderci la generazione dopo quella di Maurizio Cattelan. In questa intervista l'artista si racconta, parla della sua amicizia con Marina Abramovic e svela i suoi progetti futuri. Buona lettura!
Il principe Vascellari - da Neometro
Anfibi neri, jeans neri, maglietta nera, zainetto (nero, ovviamente), cranio rasato, al guinzaglio l’inseparabile Cin Boop. Nico Vascellari, 36 anni, sembra un principe punk mentre passeggia per il centro di Vittorio Veneto con i ragazzi del suo studio.
Gentile, educatissimo, non sembra aver niente a che vedere il protagonista scatenato della perfomance Revenge, con la quale nel 2007 (vincendo il premio per la giovane arte italiana) ha portato un muro di amplificatori alla Biennale coinvolgendo gli spettatori in un ballo scatenato mentre urlava dal microfono. Marina Abramovic, la più famosa performer del mondo, non perde occasione per ripeterlo: Vascellari è il miglior artista italiano della giovane generazione e lo coinvolgerà nel progetto del Mai, il Marina Abramovic Institute che sta costruendo alle porte di New York, un immenso edificio che incrocerà i principi, rielaborati, della Bauhaus e della meditazione. L’incontro fra i due risale al 2005: l’artista serba era presidente della giuria al Festival internazionale della perfomance di Trento e il primo premio lo vinse il vittoriese con Nico and the Vascellaris (in cui ha coinvolto tutta la famiglia). Performer, cantante underground, scultore, produttore, pittore: non è facile descrivere a parole la complessa personalità di Vascellari. Se nel 2009 a Manchester i suoi colpi di sasso contro il bronzo risuonavano cadenzati e inesorabili, nel progetto Lago Morto ha invece portato a Vittorio Veneto la sua band in un microtour di 15 giorni e 16 concerti in posti inconsueti (pizzerie, lavanderie, videoteche, ristoranti). Ha aperto una sezione del suo studio denominata Codalunga dove organizza eventi dedicati ad altri artisti nel centro di Serravalle. Ora dal suo studio in centro storico escono collage e quadri a tecnica mista, composti con una tecnica sofisticatissima.
Vascellari, in quali parole si riconosce?
«Sono semplicemente un artista. Un artista che non viene da una formazione accademica. La mia formazione è stato il mio attivismo nell’ambiente underground. Il fatto di suonare in gruppo era solo una delle sfaccettature della mia attività: organizzavo concerti, curavo le grafiche degli eventi, cucinavo persino torte vegane. Non è necessario declinare le diverse sfumature del mio lavoro».
Un artista però più attratto dal suono che dall’immagine.
«L’utilizzo del suono deriva dalla necessità di creare un legame con il reale. Invitare il gruppo con il quale suonavo in un museo significava per esempio mescolare due tipi di pubblico, quello della musica e quello dell’arte. Il risultato era una situazione di disagio. Chi veniva per vedere un concerto vedeva una performance, chi veniva per vedere una performance vedeva un concerto. Suono come scultura, materiale invisibile ma con una capacità di penetrazione».
E underground in tutti i sensi. Nelle sue opere si avverte spesso una fascinazione ferina per le voragini.
«Sì. Nel 2010 ho fatto una serie sul Bus de la Lum: una serie di blocchi di argilla legati tra loro venivano fatti cadere da un’altezza uguale a quella della voragine nel Cansiglio. Il Bus de la Lum è un posto che ho visitato fin da quando ero bambino, un luogo legato ai miti del folclore cosi come alla storia. Uno dei miei primi lavori nasceva da una ricerca sulle talpe, un animale che crea un contatto tra il mondo di superficie e il mondo invisibile, sotterraneo. Mentre ci lavoravo pensavo che fosse una sorta di autoritratto».
Quanto ha contato Marina Abramovic nella sua carriera?
«Il rapporto con Marina è nato dalla stima reciproca, mi sono sempre sentito attratto dal suo lavoro. A New York ci siamo frequentati, abitavamo vicini a Manhattan. Poi questo rapporto si è evoluto nel tempo e nel 2009 mi ha invitato a una mostra a Manchester. È una persona molto generosa».
Lei è spesso all’estero, poi però torna sempre a casa.
«Ho abitato a New York dal 2005 al 2007, fino a quando mi hanno invitato alla Biennale. Sono tornato perché era più semplice gestire quel lavoro da Vittorio Veneto. In Italia non ha senso vivere in grandi agglomerati, non c’è una città in Italia che dà quanto chiede. Il concetto di periferia estesa mi sembra così attuale da eliminare quello di centro. In questo senso Vittorio Veneto potrebbe essere territorio di qualsiasi altro luogo».
Trova ispirazione tra queste colline?
«Il Veneto è un posto piuttosto bizzarro. C’è un forte legame con il mondo contadino ma c’è un’industrializzazione pazzesca. Regione di contraddizioni. Ci sono tanti artisti che escono da questo posto, penso a Cattelan, alla Bonvicini, alla Favaretto».
Perché poi non ci rimangono?
«Il problema non è che se ne vanno dal Veneto, ma che se ne vanno dall’Italia. Questo è un Paese che non investe nella cultura, nell’arte, non è un posto dove il resto del mondo guarda per la cultura attuale».
Quindi anche lei si prepara a fare le valigie?
«Sì ma avrò sempre uno studio qui. Sto ristrutturando un’ex carrozzeria a Colle Umberto, qui vicino. In tutto mille metri quadri. Sarà casa, studio, con uno spazio aperto al pubblico. Vorrei inaugurarlo l’anno prossimo. Lo sto completamente finanziando da solo, senza soldi pubblici. Ma mi piacerebbe coinvolgere nel progetto qualche investitore privato».
Dove la vedremo?
«In dicembre a New York parteciperò allo spettacolo The Life and Death of Marina Abramovic diretto da Bob Wilson, accanto a personalità come Willem Dafoe. Il prossimo anno farò una personale a Bruxelles e Confort Moderne di Poitiers. A settembre si aprirà una grande personale alla Whitworth Gallery di Manchester, che ha acquisito tre sculture in bronzo per la collezione permanente».
Per gentile concessione dell'autore - Alessandro Zangrando (Neometro)